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Jane Eyre.  Charlotte Brontë
Capitolo 26.
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Alle sette Sofia entrò in camera mia per vestirmi e la mia toilette fu lunga, tanto lunga che il signor Rochester, impaziente del mio ritardo, mandò a domandare perché io non scendevo.

Sofia stava appuntandomi il velo in testa, il semplice velo di tulle; fuggii dalle sue mani appena potei.

— Fermatevi, guardatevi allo specchio, — mi disse, — non vi avete gettato neppure una occhiata.

Tornai verso lo specchio e vidi una donna velata, che mi somigliava così poco, che mi parve un'estranea.

— Jane! — sentii chiamare, e scesi.

Fui ricevuta dal signor Rochester in fondo alla scala.

— Perché tardate tanto! Io ardo d'impazienza e voi mi fate aspettare, — mi disse.

Allora mi condusse nella sala da pranzo e mi esaminò attentamente e mi dichiarò che ero bella come un giglio e non solo l'orgoglio della sua vita, ma tal quale come mi desideravano i suoi occhi; poi mi disse che mi concedeva dieci minuti per far colazione e suonò.

Uno dei servi, entrato da poco in casa, un cameriere, rispose alla chiamata.

— John, prepara la carrozza!

— Sì, signore.

— I bagagli sono stati portati giù?

— Li portano ora.

— Andate alla cappella e ditemi se il signor Wood (il pastore) e il suo aiuto vi sono. Tornate subito.

La cappella era appunto ai cancelli del parco e il cameriere tornò subito.

— Il signor Wood è giunto e si veste.

E la carrozza?

— È attaccata.

— Non ne abbiamo bisogno per andare in chiesa, ma è necessario che sia pronta al nostro ritorno, che i bauli sieno caricati e il cocchiere a cassetta.

— Jane, siete pronta?

Mi alzai. Non vi era scorta d'onore, non vi erano parenti per accompagnarci; eravamo soli, il signor Rochester ed io.

La signora Fairfax era nel vestibolo quando passammo; le avrei volentieri rivolta la parola, ma la mia mano era stretta in una morsa d'acciaio, e mi sentivo trascinata così rapidamente, che duravo fatica a seguire il signor Rochester, e bastava guardarlo in faccia per capire che non avrebbe tollerato un minuto di ritardo.

Domandavo a me stessa se un altro fidanzato, in un momento simile, avesse avuto, come il signor Rochester, il viso che esprimesse la ferma volontà di attuare un progetto ad ogni costo, o se un altro avesse avuto sotto quella fronte impassibile occhi più ardenti e più fiammeggianti.

Non so se la giornata fosse bella o no; andando in chiesa non guardavo né il cielo, né la terra; il mio cuore era insieme con i miei occhi, e tutt'e due erano attaccati al volto del signor Rochester.

Avrei voluto discendere la cosa invisibile su cui teneva fisso lo sguardo ardente, avrei voluto conoscere il pensiero che pareva volesse impadronirsi di lui con forza e contro il quale si sarebbe detto che lottasse.

Si fermò davanti al cancello del cimitero e si accorse che non avevo più fiato.

— Sono crudele nel mio amore, — mi disse, — riposatevi un momento, appoggiatevi a me, Jane.

Mi ricordo ancora l'aspetto calmo della casa di Dio che avevo allora davanti; un corvo volava intorno al campanile, spiccando sul crudo cielo mattutino.

Mi ricordo pure le sepolture coperte di verde e non ho dimenticato nemmeno due stranieri che passeggiavano fra le tombe, leggendo le iscrizioni delle lapidi.

Li osservai, perché, appena ci videro, andarono dietro la chiesa e non dubitai che entrassero dalla parte laterale per assistere alla cerimonia.

Il signor Rochester non li vide; era troppo occupato a guardarmi perché il sangue era scomparso per un momento dal mio volto; mi sentivo la fronte madida e le labbra gelate.

Poco dopo mi riebbi e ci avanzammo verso la porta della chiesa.

Noi entrammo nel quieto ed umile tempio.

Il pastore era vestito di bianco e ci aspettava davanti all'altare basso; l'aiuto stavagli accanto.

Tutto era silenzioso; due ombre soltanto si mostravano in un angolo appartato.

Non mi ero ingannata; i due stranieri erano entrati prima di noi e si erano collocati accanto alle sepolture dei Rochester; ci voltavano le spalle e guardavano attraverso la cancellata la tomba marmorea sulla quale un angelo inginocchiato vegliava sui resti di Damer di Rochester, ucciso nelle paludi di Marston, durante la guerra civile, e su quelli della moglie di lui, Elisabetta.

Noi ci collocammo dietro la balaustra della comunione.

Avendo sentito un passo leggiero dietro a me, mi volsi un poco; un signore, uno dei due stranieri, s'avanzava verso di noi.

II servizio religioso incominciò; ci fu spiegato l'intento del matrimonio e allora il pastore si avanzò e rivolgendosi al signor Rochester, proseguì:

"Vi domando e vi scongiuro tutti e due di dirmi (come fareste il giorno del temuto giudizio finale, in cui i segreti saranno rivelati) se conoscete nessun impedimento alla vostra unione legittima, di confessarlo qui, perché siate certi che tutti quelli che non sono uniti nelle condizioni volute da Dio, non sono uniti dinanzi a lui e il loro matrimonio non è legittimo."

Fece la pausa consueta. Quando è mai interrotto quel silenzio da una replica?

Forse appena una volta in un secolo.

Il pastore, che non aveva alzato gli occhi dal libro e non aveva trattenuto che un momento il respiro, stava per continuare; già la sua mano si era stesa verso il signor Rochester, già le labbra si schiudevano per domandare: "Dichiarate di prendere questa ragazza per vostra legittima sposa?" quando una voce chiara e distinta esclamò:

— Il matrimonio non può effettuarsi; dichiaro che esiste un impedimento.

Il pastore guardò quegli che aveva parlato e tacque.

Il signor Rochester tremò leggermente, come se un terremoto avesse fatto vacillare il terreno sotto i suoi piedi, ma presto disse dominandosi e senza volger gli occhi:

— Signor pastore, continuate la cerimonia.

Queste parole pronunziate con voce bassa, ma profonda, furono seguite da un gran silenzio, il signor Wood riprese:

— Non posso continuare prima di avere esaminato se ciò che è stato asserito è vero o falso.

— La cerimonia non può continuare, — aggiunse la voce dietro a noi, — perché sono nel caso di provare ciò che asserisco; vi è un ostacolo insormontabile.

Il signor Rochester udì, ma non parve fare attenzione a quelle parole; stava ritto, immobile e freddo; non fece altro che un movimento per impossessarsi della mia mano. Oh! come la sua stretta mi parve ardente e forte.

E la sua fronte pallida e impassibile pareva un pezzo di marmo in quel momento.

Come erano penetranti, feroci e vigili i suoi occhi!

Il signor Wood pareva smarrito.

— In che consiste questo ostacolo? — domandò. — Sì potrà forse sormontare; spiegatevi!

— Sarà difficile! ho detto che era insuperabile e non parlo a caso.

Colui che aveva parlato si avanzò e appoggiossi alla balaustra; egli continuò esprimendosi con voce ferma, calma, distinta, ma bassa:

L'impedimento consiste semplicemente in un matrimonio precedente. Il signor Rochester ha una moglie tuttora viva.

Queste parole pronunziate a voce bassa mi scossero più che un colpo di tuono; esse agirono più potentemente sul mio sangue che il fuoco o il ghiaccio; ma sapevo dominarmi ed ero sicura di non svenire.

Guardai il signor Rochester e lo costrinsi a guardarmi.

Il suo volto era slavato come una roccia, gli occhi soli mandavano lampi; non negò nulla; pareva che egli volesse sfidare ogni cosa.

Senza parlare, senza che paresse di vedere in me un essere umano, mi cinse con un braccio la vita e mi attirò a sé.

— Chi siete? — domandò all'intruso.

— Mi chiamo Briggs e sono procuratore in vìa.... a Londra.

— E voi mi accusate di avere un'altra moglie?

— Sì, signore, sono venuto per rammentarvi l'esistenza di vostra moglie, che la legge riconosce, anche se voi non la riconoscete.

— Fatemi il favore di darmi notizie di lei, ditemi come ha nome, come si chiamano i suoi genitori, dove abita....

— Certo!

Il signor Briggs tolse di tasca un foglio e lesse con voce nasale ciò che segue:

"Affermo, e posso provarlo, che il 20 di ottobre dell'anno (la data era di quindici anni prima), Edoardo Fairfax Rochester di Thornfield-Hall, nella contea di.... e di Ferendean-Manar, nella contea di.... in Inghilterra, sposò mia sorella, Berta Antonietta Mason, figlia di Jonas Mason, commerciante e di Antonietta, sua moglie, creola.... nella chiesa di.... nella città spagnuola della Giamaica. L'atto di matrimonio esiste nella chiesa di..., una copia è nelle mie mani.

"Firmato: Riccardo Mason."

— Se questa carta è autentica, può provare che ho avuto moglie, ma non prova che la donna in esso menzionata, viva ancora.

— Viveva tre mesi fa, — disse il legale.

— Come lo sapete?

— Ho un testimone, signore, e voi stesso non potrete contraddirlo.

— Conducetelo e andate al diavolo.

— Lo condurrò prima; è qui; signor Mason, abbiate la gentilezza di avvicinarvi.

Nel sentir pronunziare questo nome, il signor Rochester strinse i denti e fu preso da un tremito nervoso; essendogli accanto sentii il sussulto spasmodico di rabbia e di disperazione che lo agitava.

Il secondo straniero, che era stato nascosto nell'ombra, si avanzò; una figura pallida comparve al disopra della spalla del procuratore; sì, era proprio il signor Mason.

Il signor Rochester si volse a guardarlo.

Ho detto più volte che i suoi occhi erano neri: in quel momento mandarono una luce selvaggia, quasi sanguigna; il suo volto si animò; pareva che il fuoco che ardevagli nel cuore si fosse sparso sulle sue guance olivastre, sulla sua fronte scolorata.

Alzò il braccio poderoso; avrebbe potuto percuotere Mason e gettarlo sulle pietre della chiesa, togliere con un sol colpo la vita a quel debole corpo.

Ma Mason si ritrasse sgomento dal gesto che gli aveva veduto fare ed esclamò debolmente: “Mio Dio!" Allora il disprezzo s'impossessò del signor Rochester; la sua collera si cambiò in fredda asprezza e si contentò di domandare:

Che cosa avete da dire?

Una risposta inintelligibile uscì dalle labbra bianche di Mason.

— Il diavolo se ne immischia se non potete rispondere distintamente. Vi domando di nuovo: Che cosa avete da dire?

— Signore, signore, — interruppe il pastore, — non dimenticate che siete in chiesa.

Poi rivolgendosi a Mason, gli domandò cortesemente:

— Siete certo che la moglie del signor Rochester, viva?

— Coraggio! — continuò il legale, — parlate forte.

— Vive e abita a Thornfield, — disse Mason con voce un poco più chiara. — L'ho veduta nel mese d'aprile scorso; sono suo fratello.

— Alla villa di Thornfield? — esclamò il pastore.

— È impossibile; da molto tempo vivo in questi luoghi e non ho mai sentito parlare di nessuna signora Rochester alla villa di Thornfield.

Un sorriso amaro sfiorò le labbra del signor Rochester, che mormorò:

— No, ho avuto cura che nessuno potesse parlar di lei, sotto il suo nome, almeno.

Tacque per una diecina di minuti e parve consultarsi, poi riprese deciso:

— Basta; la verità si farà strada un giorno scoppiando come una bomba. Wood, chiudete il libro e spogliatevi. E voi, John Greend, andate via di chiesa, oggi non si celebra più il matrimonio.

L'aiuto ubbidì.

Il signor Rochester continuò arditamente e rapidamente:

— La parola bigamia suona male alle vostre orecchie, eppure volevo esser bigamo, ma il fato lo ha impedito, o piuttosto la Provvidenza non ha voluto.

"In questo momento sono simile a un demonio, e, come mi direbbe il buon pastore, merito il più severo giudizio di Dio, merito di essere dannato alla fiamma o all'eterno verme roditore.

"Signore, il mio piano è sventato; quel legale e il suo cliente hanno detto la verità. Mia moglie vive.

"Wood, voi dite di non aver mai sentito parlare di nessuna signora Rochester alla villa, ma certo avrete spesso prestato orecchio alle dicerie che correvano sulla pazza misteriosa, vegliata con cura; diverse persone vi avranno detto che era una sorella bastarda o un'antica amante.

"Vi dichiaro ora che è mia moglie, quella che ho sposata quindici anni fa; ella si chiama Berta Mason ed è sorella di quell'uomo coraggioso, che vedete là pallido e tremante, e che vi dimostra che cosa possa sopportare un cuore forte.

"Rallegratevi, Dick, non mi temete più in avvenire; non vi batterò, come non batterei una donna.

"Berta Mason è pazza, e viene da una famiglia di pazzi; idioti o maniaci da più generazioni.

"Sua madre, una creola, era pazza e ubbriacona; me ne accorsi dopo avere sposato la figlia, perché avevano tenuto il silenzio sul segreto della famiglia.

"Berta, da figlia divota, imitò la madre in tutto.

"Oh! aveva una compagna adorabile, pura, modesta, saggia; come vi potete figurare, ero felice: ebbi sotto gli occhi scene bellissime.

"Ho fatto una bella esperienza, vi assicuro. Se sapeste tutto!...

"Ma non vi devo più ampie spiegazioni.

"Briggs, Wood, Mason, v'invito tutti a venire a casa e a visitare la malata, la signora Poole, mia moglie.

"Vedrete che specie di donna ho sposata, e se non ho il diritto di rompere quella unione e di cercare di associarmi a un essere umano.

"Questa ragazza, — continuò fissandomi, — non conosceva meglio di voi, Wood, l'orribile segreto; credeva che tutto fosse bello e legale e non supponeva mai che sarebbe stata legata da un simulacro di unione a un miserabile già unito con una pazza.

"Venite, seguitemi tutti!

Uscì di chiesa tenendomi sempre stretta; i tre signori ci seguivano; alla porta della chiesa ci aspettava la carrozza.

— Andate a staccare, John, — disse freddamente il signor Rochester, — per oggi non abbiamo più bisogno della carrozza.

Quando entrammo in casa la signora Fairfax, Adele, Sofia e Leah ci aspettavano per congratularsi con noi.

— Addietro tutti! — gridò il signor Rochester. — Non abbiamo bisogno delle vostre felicitazioni; esse giungono quindici anni troppo tardi!

Egli passò, tenendomi sempre per la mano e facendo cenno ai signori di seguirlo.

Salimmo le scale, traversando i corridoi e giungemmo finalmente al terzo piano.

Una piccola porta scura fu aperta dal signor Rochester ed entrammo in una stanza, rivestita di tappezzerie, nella quale riconobbi l'ampio letto e l'armadio scolpito, già veduti una volta.

— Conoscete questa stanza, Mason, — disse la nostra guida, — è qui che ella vi morse e vi aggredì.

Sollevò le portiere che celavano un'altra porta e l'aprì pure.

Vedemmo una camera senza finestra. Davanti al caminetto c'era un alto parafuoco, una lampada sospesa al soffitto rischiarava la stanza.

Grace Poole curva sul fuoco pareva che facesse cuocere qualcosa.

Una forma si agitava nell'angolo più scuro della camera, a prima vista non si capiva se fosse una creatura umana o un animale. Pareva che camminasse carponi, e faceva udire un ruggito da fiera, ma era vestita e una massa di capelli neri e grigi formavano come una criniera intorno alla testa di lei.

— Buongiorno, signora Poole, — disse il signor Rochester — Come state e come sta la vostra malata?

— Abbastanza bene, signore, vi ringrazio, — disse Grace, alzando con cura il bricco che bolliva, — è agitata ma non furiosa.

Un grido selvaggio smentì subito il favorevole rapporto; l'iena vestita da donna si alzò in piedi.

— Oh! signore, vi vede! Fareste meglio ad andarvene, — esclamò Grace.

— Pochi minuti soltanto, Grace; bisogna che mi concediate pochi minuti.

— Ebbene, allora, signore, state in guardia. Per l'amor di Dio, state in guardia!

La pazza gridò: ella si alzò i capelli dal viso e guardò i visitatori.

Io riconobbi quel viso scarlatto, quei tratti gonfi. Grace Poole si avanzò.

— Ritiratevi, — disse il signor Rochester, spingendola da un lato. — Oggi suppongo che non abbia il coltello e sto bene attento.

— Non si sa mai che cos'abbia, signore; è così maligna e non v'è forza umana che possa resisterle.

— Faremmo meglio di andarcene, — balbettò Mason.

— Andate al diavolo, — gli disse il cognato.

— In guardia! — gridò Grace.

I tre signori si ritirarono simultaneamente, il signor Rochester mi spinse dietro a sé.

La pazza si gettò su di lui, lo prese per il collo cercando di mordergli il viso.

Essi lottarono.

La pazza era forte, di statura quasi eguale al marito, ma più corpulenta; ella spiegò una forza virile: più di una volta fu sul punto di strozzarlo, benché egli fosse un vero atleta.

Egli l'avrebbe potuta abbattere con un colpo vigoroso, ma evitava di colpirla, voleva soltanto lottare.

Alla fine afferrò la pazza per le braccìa e gliele legò dietro la schiena con una corda che gli dette Grace; con un'altra corda la legò ad una sedia.

Questa operazione fu compiuta in mezzo a grida feroci e ad orribili convulsioni; allora il signor Rochester si volse agli spettatori e li guardò con un amaro e triste sorriso.

— Ecco mia moglie, — disse, — ecco i soli amplessi coniugali che mi sono riserbati, ecco le carezze che debbono addolcire le mie ore di riposo. E questa è ciò che desideravo avere, — aggiunse ponendomi una mano sulla spalla. — Questa ragazza, che ha saputo rimanere calma e grave dinanzi alla porta dell'inferno ed alle piroette del demonio; l'amavo appunto per il contrasto fra lei e l'altra.

"Wood, Briggs, guardate che differenza! Paragonate questi occhi limpidi con quelle palle sanguigne, questo volto con quella maschera, questo corpo con quella massa di carne, e ora giudicatene voi, ministri del Vangelo, voi uomo della legge; soltanto rammentatevi che sarete giudicati come avete giudicato. Ora uscite, debbo rinchiuder la mia preda.

Tutti uscirono; il signor Rochester rimase dietro a noi per dare alcuni ordini a Grace Poole; quando scendevamo le scale il procuratore si rivolse a me:

— Voi, signora, — diss'egli, — siete innocente e vostro zio sarà ben felice di saperlo, se pure vivrà ancora al ritorno del signor Mason a Madera.

— Mio zio? Che ne sapete? Lo conoscete forse?

Il signor Mason lo conosce; il signor Eyre è stato per alcuni anni corrispondente della sua casa. Quando vostra zia ricevè la lettera con cui gli partecipavate il vostro matrimonio col signor Rochester, il signor Mason era a Madera, ove si era fermato per ristabilirsi in salute, prima di ritornare alla Giamaica.

"Il signor Eyre gli comunicò la vostra lettera, perché sapeva che il signor Mason conosceva un gentiluomo per nome Rochester. Il signor Mason, spaventato e meravigliato, rivelò la verità. Vostro zio, sono dolente di dovervelo dire, è malato. Vista la natura del suo male (è attaccato dall'etisia) e lo stato nel quale si trova, è difficile che possa risorgere.

"Non potendo venire in Inghilterra per istrapparvi alla sorte che vi aspettava, ha supplicato il signor Mason di non perder tempo e d'impedire in qualunque modo questo matrimonio. L'ha diretto a me; ho spiegato tutto l'impegno possibile, e grazie a Dio non sono giunto troppo tardi; voi pure dovete ringraziare il Signore.

"Se non fossi sicuro che vostro zio non morisse prima che voi aveste il tempo di giungere a Madera, vi consiglierei di partire col signor Mason; ma, nello stato presente delle cose, credo che fareste meglio di rimanere in Inghilterra finché non abbiate notizie del signor Eyre. Avete ancora qualche ragione che vi costringerà a rimanere? — domandò il procuratore al signor Mason.

— No, no, partiamo! — rispose ansiosamente, e si allontanarono senza congedarsi dal signor Rochester.

Il pastore rimase per rivolgere alcuni consigli o rimproveri al suo orgoglioso parrocchiano; compiuto questo dovere, egli pure se ne andò.

Io mi era ritirata in camera mia ed ero ritta accanto alla porta socchiusa, quando lo sentii andar via.

La casa s'era vuotata; mi rinchiusi per non essere disturbata e non mi misi né a piangere né a singhiozzare; ero troppo calma per farlo.

Invece incominciai a togliermi macchinalmente la veste da sposa, per indossare quella solita, che credevo di aver portata il giorno avanti per l'ultima volta.

Allora mi sedei.

Mi sentivo debole e stanca e nascosi la testa fra le mani e mi diedi a riflettere.

Fino a quel momento non avevo fatto altro che ascoltare, guardare e seguire colui che mi aveva condotta o piuttosto trascinata, avevo veduto il succedersi degli avvenimenti, udito le rivelazioni, ora pensavo.

La mattina era trascorsa tranquilla, meno la breve scena con la pazza.

In chiesa tutti erano stati calmi, non vi erano state né esplosioni di passione, né vivi alterchi, né sfide, né lagrime.

Erano state soltanto pronunziate poche parole; un uomo, a sangue freddo, era venuto a dichiarare che vi era un ostacolo al matrimonio; il signor Rochester aveva fatto alcune domande dure e brevi; le risposte erano state chiare e evidenti; il mio padrone si era deciso a rivelare l'intera verità, e ci aveva mostrato la prova palpabile del suo crimine; gli estranei s'erano allontanati e tutto era finito.

Ero in camera mia come al solito, non ero stata né colpita, né offesa, eppure dov'era la Jane Eyre di un tempo? dove erano la sua vita, le sue speranze?

Jane Eyre, la donna così ardente, così bramosa, la sposa, era una ragazza triste e solitaria, la sua vita era scolorata, i suoi sogni erano svaniti.

Un gelo invernale era sopraggiunto a metà dell'estate; una tempesta di dicembre si era scatenata nel mese di giugno.

Il ghiaccio aveva distrutto le frutta mature e le rose fiorenti; la brina aveva ricoperto le mèssi.

Ieri i sentieri erano olezzanti di fiori, oggi monti di neve incontaminata li rendono impraticabili, e i boschi, che dodici ore prima erano agitati dalla brezza profumata, si stendono ora deserti e bianchi, come le foreste di abete della Norvegia.

Le mie speranze erano state uccise da un destino amaro.

Pensavo ai miei sogni, così ridenti ieri, e oggi lividi come cadaveri, che nessun potere poteva rianimare.

Pensavo al mio amore, a quel sentimento che apparteneva al mio padrone, che egli aveva creato; tremava nel mio cuore come un bimbo malato in una culla fredda; la sofferenza, l'angoscia si erano impadronite di lei, non poteva rifugiarsi fra le braccia del signor Rochester, non poteva riscaldarsi sul petto del padrone di Thornfield.

Oh! non potevo più mai rivolgermi a lui, perché la fede era svanita, la fiducia distrutta.

Il signor Rochester non era più lo stesso agli occhi miei, perché non era tale quale io lo aveva creduto.

Non volevo dichiararlo vizioso, non volevo dire che mi aveva ingannato, nonostante non era più per me l'uomo della sincerità irreprensibile che avevo conosciuto prima, e dovevo allontanarmi da lui.

Dovevo andarmene, questo lo capivo bene.

Quando, dove, come?

Per ora non lo sapevo, eppure ero certa che mi avrebbe scacciata di Thornfield.

Mi pareva che non dovesse aver avuto per me un vero affetto, forse una passione passeggiera, e non aveva più bisogno di me, perché non la poteva più appagare.

Temevo anche d'incontrarlo; la mia vista doveva riuscirgli odiosa.

Oh! com'ero stata cieca, com'ero stata debole!

La vista mi si oscurò, mi pareva che le tenebre mi circondassero, i miei pensieri si facevano confusi.

Mi pareva che, impotente e abbandonata, io mi fossi stesa nel letto disseccato di un torrente; udivo il rumore dell'acqua, precipitantesi dalle montagne lontane; sentivo il torrente avanzarsi e non avevo forza per alzarmi, né per fuggire; rimanevo distesa desiderando la morte.

Una sola idea mi agitava ancora: l'idea di Dio.

Preparai allora una preghiera; le parole mi venivano alla mente, ma non avevo la forza di pronunziarle.

"Mio Dio, — dicevo mentalmente, — non vi allontanate da me, perché il pericolo è vicino e nessuno può aiutarmi."

Ed era vicino davvero, e, siccome non avevo chiesto al cielo di allontanarlo, non avevo giunto le mani, né piegati i ginocchi, né mosse le labbra, esso giunse.

Il torrente mi coprì con le onde rigonfie.

Pareva che la mia vita solitaria, il mio amore perduto, le mie speranze infrante, la mia fede svanita, tutti i miei dolori si fossero riuniti in quella corrente furiosa.

Non posso descrivere quell'ora amara, "le onde mi penetrarono davvero nell'anima, mi sentivo sommergere sempre più, non potevo reggermi, i flutti mi ricoprivano."