Spossato dall'ansiosa vigilia il signor Lorry si addormentò al suo posto di sentinella. La decima mattina dell'attesa, egli fu riscosso dalla luce del sole che invadeva la stanza dove era stato sorpreso a notte buia da un sonno profondo. Si fregò gli occhi e si levò; ma dubitò, intanto, se non dormisse ancora. Poichè direttosi all'uscio della camera del dottore e facendovi capolino, vide che il deschetto e gli strumenti da calzolaio erano stati messi da parte, e che il dottore se ne stava alla finestra occupato a leggere. Indossava la sua solita veste da camera, e il viso (che il signor Lorry poteva vedere distintamente), benchè pallidissimo, era perfettamente calmo e intento. Anche quando si fu accertato d'essere sveglio, il signor Lorry si sentì per alcuni istanti, vertiginosamente incerto sull'aver visto fare delle scarpe, che poteva essere stato un sogno bruscamente interrotto; poichè innanzi ai suoi occhi non c'era l'amico nella sua solita veste da camera e col suo solito aspetto, occupato secondo il solito, e vi era qualche segno lì in giro, che il mutamento, del quale aveva una così vivida impressione, fosse realmente accaduto? Fu la domanda della sua prima confusione e del suo sbalordimento, poichè la risposta era ovvia. Se l'impressione non gli fosse stata data da una ragione concreta e sufficiente, perchè lui, Jarvis Lorry, era lì? Come aveva potuto addormentarsi, bell'e vestito, sul canapè nello studio del dottor Manette, e come poteva discutere questi dati, di mattina presto, fuori della camera da letto del dottore? Dopo pochi minuti, la signorina Pross stava bisbigliando al suo fianco. Se vi fosse rimasta qualche ombra di dubbio, quello ch'ella disse l'avrebbe certamente risolto; ma in quel momento egli aveva già la mente chiara, e non gli occorreva alcuna spiegazione. Egli pensava che essi dovessero lasciar passare il tempo regolarmente fino all'ora di colazione, e poi salutare il dottore come se nulla di strano fosse accaduto. Se questi fosse apparso nella sua abituale condizione di spirito, il signor Lorry avrebbe allora cautamente cominciato a cercare un indirizzo e una guida nell'espediente intorno al quale aveva tanto almanaccato. La signorina Pross accettò il giudizio del signor Lorry, e il suo disegno fu accuratamente eseguito. Avendo molto tempo a sua disposizione per il suo abbigliamento puntigliosamente metodico, egli potè presentarsi a colazione lindo e candido, secondo il solito. Il dottore fu chiamato al modo usato, e si presentò secondo il solito. Finchè fu possibile di comprenderlo senza oltrepassare quei delicati e graduali approcci che il signor Lorry riteneva i soli adatti allo scopo, il dottore in principio suppose che il matrimonio della figliuola fosse avvenuto il giorno prima. Un'allusione, gettata lì come a caso, al giorno della settimana e al giorno del mese, fece sì che egli si mettesse a pensare e a calcolare con evidente disagio. In tutto il resto, però, mostrava tanta compostezza di contegno, cioè il contegno di nove giorni prima, che il signor Lorry risolse di ricorrere all'aiuto che desiderava. E questo aiuto doveva venire dal dottore stesso. Perciò, finita la colazione, sparecchiata la tavola, e rimasti soli lui e il dottore, il signor Lorry disse, con gravità: — Mio caro Manette, io sono desideroso di avere il vostro parere, in confidenza, su uno stranissimo caso che m'interessa profondamente; cioè, stranissimo per me; per voi scienziato forse meno. Dandosi un'occhiata alle mani, scolorate dal lavoro dei giorni antecedenti, il dottore parve turbarsi, ma ascoltò attentamente. Già prima si era guardate più volte le mani. — Dottor Manette, — disse il signor Lorry, toccandolo affettuosamente sul braccio, — il caso riguarda particolarmente un mio caro amico. Vi prego di ascoltarmi con attenzione e di consigliarmi bene, non solo per lui, ma specialmente per sua figlia... per sua figlia, mio caro Manette. — Se non erro, — disse il dottore, sottovoce, — si tratta di qualche scossa psichica... — Sì. — Dite, — aggiunse il dottore, — e non omettete alcun particolare. Il signor Lorry comprese che si intendevano, e continuò: — Mio caro Manette, si tratta d'una scossa antica e protratta, assai forte e grave negli effetti, nei sentimenti, nello... nello... come voi dite... nello spirito. Nello spirito. Si tratta d'una scossa sofferta dal paziente, non si sa da quanto tempo, perchè credo che neanche lui possa calcolarlo, e non v'è altro mezzo di saperlo. È una scossa dal quale il paziente si riebbe, con un metodo al quale egli non sa risalire... come una volta gl'intesi dire pubblicamente in modo molto esplicito. È una scossa dalla quale si è riavuto così completamente da essere un uomo di grande intelligenza, capace di severa applicazione mentale, di grande esercizio fisico, e di un costante sviluppo nel suo corredo di cognizioni scientifiche, già assai largo. Ma, disgraziatamente, v'è stata, — il signor Lorry s'interruppe per riprendere fiato, — una leggera ricaduta. Il dottore, sottovoce, chiese: — Di qual durata? — Nove giorni e nove notti. — Come si manifestò? Debbo inferire, — disse il dottore, guardandosi di nuovo le mani, — con la ripresa di qualche antica occupazione connessa con la scossa? — Proprio così! — Ora, vedeste mai il vostro amico, — domandò il dottore, chiaro e posato, benchè nello stesso tono di voce, — occupato originalmente allo stesso modo? — Una volta. — E quando è avvenuta la ricaduta, vi parve in qualche modo, se non in tutto, come allora? — In tutto e per tutto come allora. — Avete detto della figlia. È informata la figlia della sua ricaduta? — No. Non le fu detto nulla, e spero che non le si dirà mai nulla. Soltanto io ne sono informato, e un'altra persona della cui fidatezza si può essere sicuri. Il dottore gli afferrò la mano, e mormorò: — Un pensiero molto gentile e molto accorto! — Il signor Lorry gli restituì la stretta, e per un poco nessuno dei due parlò. — Ora, mio caro Manette, — disse il signor Lorry, infine, nella maniera più sagace e più affettuosa: — io sono una semplice persona d'affari, incapace d'affrontare argomenti così intricati e difficili. Io non ho le necessarie cognizioni: non posseggo la scienza che occorre a uno studio simile, e quindi ho bisogno di guida. Non c'è nessuno al mondo al quale io possa rivolgermi per un consiglio, come a voi. Ditemi come s'è manifestata questa ricaduta. V'è pericolo che si ripeta? Si può prevenirne la ripetizione? Come bisognerebbe trattare una ripetizione? Come regolarsi in generale? Che posso fare per l'amico? Nessuno potrebbe, in cuor suo, essere, come me, desideroso di servire un amico, se sapessi il modo. Ma io non so neppure di dove cominciare in un caso simile. Se la vostra sagacia, la vostra scienza, la vostra esperienza potessero mettermi sulla via giusta, io sarei in grado di far molto; senza lume e alla cieca, io non posso fare che pochissimo, se pure. Vi prego di discutere la cosa con me; vi prego di mettermi in grado di vederla con un po' di chiarezza, e d'insegnarmi la maniera di rendermi un poco più utile. Il dottor Manette se ne rimase meditabondo dopo che furono pronunciate quelle fervide parole, e il signor Lorry non lo sollecitò. — Io credo probabile — disse il dottore, rompendo con uno sforzo il silenzio — che la ricaduta alla quale accennate, mio caro amico, non sia giunta impreveduta per il paziente. — Era da lui temuta? — s'avventurò a chiedere il signor Lorry, — Molto, — disse il dottore con un brivido involontario. — Voi non potete farvi un'idea di come una simile apprensione pesi sullo spirito del sofferente, e come sia difficile per lui... quasi impossibile... sforzarsi di dire una parola sulla causa che lo opprime. — Non si sentirebbe abbastanza sollevato, — disse il signor Lorry, — se egli riuscisse a confidare a qualcuno quel suo spasimo segreto, quando ne è assalito? — Credo. Ma come vi ho detto è quasi impossibile. Credo, anche, che... in alcuni casi... sia addirittura impossibile. — Ora, — disse il signor Lorry, mettendo di nuovo amorevolmente la mano sul braccio del dottore, dopo un breve silenzio dalle due parti, — a cosa attribuite questo attacco? — Credo, — rispose il dottor Manette, — che vi sia stata una straordinaria rifioritura della serie di pensieri e di memorie che fu la prima causa della malattia. Credo che gli si sia ripresentata, nella maniera più vivida, una intensa associazione d'idee della specie più angosciosa. È probabile che vi fosse da gran tempo qualche paura annidata nel suo spirito, e che quelle associazioni d'idee siano state rievocate... diciamo in certe circostanze... diciamo in un'occasione particolare. Egli aveva cercato invano di prepararvisi; forse lo sforzo nella preparazione lo rese meno abile a sostenerle. — È capace di ricordarsi ciò che avvenne durante la ricaduta? — domandò il signor Lorry, con naturale esitazione. Il dottore guardò desolato in giro, scosse il capo, e rispose sottovoce: — Per nulla. — Ora, quanto all'avvenire,— accennò il signor Lorry. — Quanto all'avvenire, — disse il dottore, riprendendo la sua fermezza, — avrei una grande speranza. Siccome è piaciuto al cielo nella sua pietà risanare il vostro amico così presto, avrei una grande speranza. Giacchè egli ha ceduto alla pressione di un complicato qualcosa, da lungo tempo temuto e da lungo vagamente preveduto e combattuto, e giacchè s'è rimesso, dopo che la nuvola è scoppiata e passata, io spererei che il peggio fosse finito. — Bene, bene! Questa è una gran consolazione, grazie al cielo! — disse il signor Lorry. — Grazie al cielo! — ripetè il dottore, curvando con riverenza il capo. — Vi sono altri due punti, — disse il signor Lorry, — sui quali ho un vivissimo desiderio di avere degli schiarimenti. Posso continuare? — Voi non potete giovare meglio all'amico. — Il dottore gli diede la mano. — Il primo, allora. Egli è di abitudini studiose, e straordinariamente energico: s'applica con grande ardore allo studio delle materie professionali, a una larga serie di esperimenti, a molte cose. Ora, non lavora troppo? — Non credo. Può essere una caratteristica della sua mente sentire continuamente il bisogno d'essere occupato. Può esser, in parte, un bisogno naturale; in parte, l'effetto della malattia. Se si occupasse meno di cose scientifiche, sarebbe più spesso esposto al pericolo di volgersi a pensieri a lui dannosi. Egli può essersi osservato, e aver fatto questa scoperta. — Siete sicuro che non si sforzi troppo? — Ne sono assolutamente sicuro. — Mio caro Manette, se egli ora fosse spossato... — Mio caro Lorry, io dubito che sia così. V'è stato un violento sforzo in una direzione, ed è necessario un contrappeso. — Scusate la mia insistenza d'uomo ignaro di scienza. Supponendo per un istante ch'egli lavori troppo: avrebbe questo effetto col rinnovarsi dell'accesso? — Non credo. Io credo, — disse il dottor Manette con la fermezza della persuasione — che nulla, all'infuori di quell'unica associazione d'idee, possa rinnovarlo. Dopo ciò che è accaduto, e dopo la guarigione, trovo difficile immaginare una nuova violenta risonanza di quella corda. Io confido, e quasi credo, che le circostanze capaci di rinnovarlo siano esaurite. Egli parlava con la diffidenza d'un uomo che sapeva quanto poco bastasse a guastare il delicato organismo mentale, e pure con la fiducia d'un uomo che aveva lentamente acquistato la sua sicurezza dalla sofferenza e dallo sforzo personali. Non era in potere dell'amico abbattere quella fiducia. Questi si dichiarò più sollevato e incoraggiato di quanto realmente fosse, e passò al secondo e ultimo punto. Capiva che era più difficile; ma, ricordando la conversazione avuta la mattina d'una domenica con la signorina Pross, e ricordando ciò che aveva veduto negli ultimi nove giorni, sapeva di doverlo affrontare. — L'occupazione ripresa sotto l'influsso di questo accesso passeggero così felicemente superato, — disse il signor Lorry, schiarendosi la gola, — la chiameremo... un lavoro di fabbroferraio, un lavoro di fabbroferraio. Diremo, per fissare un caso e per via d'esempio, che l'amico s'era abituato, al tempo delle sue sofferenze, di lavorare in una piccola fucina. Diremo ch'egli fu trovato inaspettatamente di nuovo nella piccola fucina. Non è un cattivo accorgimento ch'egli debba tenerla con sè? Il dottore si portò la mano alla fronte, e battè nervosamente il piede sul pavimento. — Egli l'ha sempre tenuta con sè, — disse il signor Lorry, con uno sguardo ansioso all'amico. — Ora non sarebbe meglio lasciarla andare? Di nuovo il dottore, con la mano alla testa, battè nervosamente il piede sul pavimento. — Non v'è facile di consigliarmi? — disse il signor Lorry. — Comprendo perfettamente che è una questione molto delicata. E pure credo... E a questo punto scosse il capo, e s'interruppe. — Vedete, — disse il dottor Manette, volgendosi all'amico dopo un silenzio impacciato, — è molto difficile spiegare, in maniera plausibile, l'intimo meccanismo della mente di questo infelice. Egli una volta bramò con tanto ardore quell'occupazione, e la salutò con tanta gioia quando l'ebbe... senza dubbio gli alleviò tanto le sue sofferenze, sostituendo la confusione delle dita alla confusione del cervello, e sostituendo, com'egli si fece più esperto, l'abilità delle mani all'abilità della tortura mentale... che non s'è sentito capace di sopportare il pensiero di metterla assolutamente da parte. Anche ora che credo ch'egli sia più speranzoso di quanto sia mai stato e che parla di sè con una specie di fiducia, l'idea di potere, in caso di necessità, non trovar la sua vecchia occupazione, gli dà un improvviso senso di terrore, simile a quello che si può immaginare scoppi nel cuore d'un fanciullo smarrito. Egli sembrava incorporasse il suo esempio, mentre levava gli occhi al viso del signor Lorry. — Ma la conservazione... badate! Io domando un consiglio, da uomo d'affari ignorante, che s'intende soltanto di oggetti materiali come ghinee, scellini e banconote... ma la conservazione degli strumenti del mestiere non involge la conservazione dell'idea? Se gli strumenti se ne andassero, mio caro Manette, non se ne potrebbe andare con essi anche la paura? Per farla breve, non è favorire l'apprensione, tenersi la fucina? Vi fu un altro silenzio. — È come separarsi, — disse il dottore, assalito da un tremito, — è come separarsi da un vecchio compagno. — Io non lo terrei, — disse il signor Lorry, scotendo il capo, poichè egli diventava più fermo, a misura che vedeva il dottore diventare irrequieto. — Io raccomanderei all'amico di sacrificarlo. Io ho bisogno soltanto del vostro permesso. Son certo che è un compagno dannoso. Su! Datemi il vostro permesso, da bravo. Per l'amor di sua figlia, mio caro Manette! Strano a vedere la lotta alla quale questi era in preda! — Nel nome di sua figlia, allora sia così. Dò la mia sanzione. Ma non lo farei in sua presenza. Io consiglierei di allontanarlo, quando l'amico non è qui. Ch'egli s'accorga della mancanza del compagno al ritorno da un viaggio. Il signor Lorry promise volentieri di attenersi a questa norma, e il colloquio finì. Passarono la giornata in campagna, e il dottore fu assolutamente ristabilito. Nei tre giorni seguenti si sentì perfettamente bene, e il quattordicesimo giorno partì per raggiungere Lucia e il marito. La precauzione presa per spiegare il suo silenzio, gli era stata partecipata dal signor Lorry, ed egli scrisse in quel senso a Lucia la quale non ebbe alcun sospetto. La sera del giorno in cui il dottore era partito, il signor Lorry si recò nella camera con un'ascia, una sega, uno scalpello e un martello, scortato dalla signorina Pross che portava la candela. Lì, a porte chiuse, e in modo misterioso e triste, il signor Lorry fece a pezzi il deschetto da calzolaio, mentre la signorina Pross teneva la candela come se assistesse a un assassinio... e veramente il suo aspetto torvo qual era, non s'adattava male all'immagine. L'arsione del corpo (prima ridotto in pezzi convenienti allo scopo) fu incominciata senza indugio sul focolare della cucina; e gli strumenti, le scarpe, il cuoio seppelliti nel giardino. Così malvagi la distruzione e l'occultamento appaiono agli spiriti onesti, che il signor Lorry e la signorina Pross, occupati nell'esecuzione del loro misfatto e nell'allontanamento delle sue tracce, quasi si sentirono, e quasi ebbero l'aria di complici d'un terribile delitto. |