Il giorno del matrimonio si era levato fulgidissimo, e tutti erano pronti fuori la porta chiusa della camera del dottore, in cui questi si intratteneva con Carlo Darnay. Erano pronti, per andare in chiesa, la bella sposa, il signor Lorry e la signorina Pross — alla quale l'evento, per un graduale processo di riconciliazione con l'inevitabile, sarebbe parso di assoluta beatitudine, se non le si fosse affacciato timidamente il pensiero che lo sposo avrebbe dovuto essere il fratello Salomone. — E così, — disse il signor Lorry, che non si saziava di ammirare la sposa, e che le si moveva intorno per contemplarla in ogni parte della semplice graziosa acconciatura, — e così fu per questo, mia cara Lucia, che vi feci, bambina, attraversare la Manica! Dio mi benedica! Io non pensavo affatto a ciò che facevo. Non pensavo affatto al gran debito di riconoscenza che io imponevo al mio amico Carlo! — Non avevate questa intenzione, — osservò la signorina Pross, pratica, — e perciò come potevate pensarci? Baie! — Veramente? Bene, ma non piangete, — disse il gentile signor Lorry. — Io non piango — disse la signorina Pross; — siete voi che piangete. — Io, cara Pross? — (Il signor Lorry s'era spinto tanto oltre che all'occasione osava scherzare con lei). — Sì, proprio ora; v'ho visto, e non me ne meraviglio. Un regalo d'argenteria come quello che avete fatto voi basta a far piangere chiunque. Non vi è una forchetta o un cucchiaio nella scatola, — disse la signorina Pross, — sul quale io non abbia pianto ieri sera, quando arrivò la scatola, tanto che non la vedevo più. — Ne sono lietissimo, — disse il signor Lorry, — sebbene sull'onor mio, non fosse mia intenzione di nascondere agli occhi di nessuno quelle bazzecole donate in segno di ricordo. Ahimè! È un'occasione questa, che mi fa pensare a tutto ciò che ho perduto. Ahimè, ahimè, ahimè! Pensare che da quasi cinquant'anni vi sarebbe potuta essere sempre una signora Lorry. — Niente affatto! — esclamò la signorina Pross. — Credete dunque che non sarebbe potuta esistere una signora Lorry? — domandò il proprietario di questo nome. — Ohibò, — soggiunse la signorina Pross, — voi eravate scapolo già in culla. — Bene! — osservò il signor Lorry, accomodandosi radioso il parrucchino, — è una cosa abbastanza probabile. — E foste tagliato per essere scapolo, — continuò la signorina Pross, — anche prima che vi mettessero nella culla. — Allora credo, — disse il signor Lorry, — d'essere stato ingiustamente trattato, e che almeno mi si dovesse interrogare sulla scelta del mio stato. Basta! Ora, mia cara Lucia, — aggiunse, cingendola affettuosamente col braccio, — sento che si muovono nella camera appresso, e la signorina Pross e io, da persone pratiche, siamo ansiosi di non perdere l'ultima occasione di dirvi una cosa che voi desiderate di udire. Voi lasciate il vostro buon padre, cara, in mani zelanti e amorevoli come le nostre, egli sarà accudito con la massima cura immaginabile; durante la prossima quindicina, che voi sarete nel Warwickshire e dintorni, anche la banca Tellson (per modo di dire) varrà uno zero innanzi a lui. E quando, al termine della quindicina, egli verrà a raggiungere voi e il vostro caro marito, per l'altra quindicina d'escursione nel paese di Galles, voi dovrete dire che ve l'abbiamo mandato in ottima salute e nella più felice disposizione. Ora, sento avvicinarsi all'uscio il passo di qualcuno. Che io baci la mia cara fanciulla e le dia la mia benedizione di vecchio scapolo, prima che quel qualcuno la reclami come propria. Per un momento, egli allontanò il bel viso per guardarvi la ben nota espressione della fronte, e poi trasse la lucente chioma d'oro verso il proprio fulvo parrucchino, con una tenerezza e una delicatezza così schiette, che, se mai erano giù di moda, erano certo più vecchie di Adamo. La porta della camera del dottore s'aperse, ed egli uscì con Carlo Darnay. Era così mortalmente pallido — come non era apparso quando vi era entrato — che sul viso non gli si vedeva traccia di colore. Ma nella compostezza dei modi era immutato, tranne per qualche lieve indizio, che non sfuggì all'acuto sguardo del signor Lorry, il quale vi lesse l'antico sentimento di ritrosia e di paura, abbattutosi recentemente su di lui, come un vento freddo. Il dottore diede il braccio alla figliuola, e la condusse da basso alla vettura noleggiata dal signor Lorry in onore di quel giorno. Gli altri seguirono in un'altra, e, tosto, in una chiesa vicina, dove nessun occhio estraneo guardava, Carlo Darnay e Lucia Manette furono felicemente sposati. Oltre le lucenti lagrime che rifulsero fra i sorrisi del gruppetto, dopo la celebrazione, alcuni diamanti, vivissimi e scintillantissimi brillarono nella mano della sposa, usciti in quel momento dal buio di una delle tasche del signor Lorry. La brigata tornò a casa, e tutto andò bene; e, giunta l'ora, la chioma d'oro che si era mischiata con le bianche ciocche del calzolaio nella soffitta di Parigi, si mischiarono ancora una volta con esse nella luce del sole mattutino, sulla soglia di casa, nel momento della separazione. Fu una dura separazione, sebbene non dovesse durare molto. Ma il padre allietò la figliuola, e disse infine, distrigandosi affettuosamente dall'abbraccio di lei: — Prendila, Carlo! È tua. La mano tremante di lei salutò tutti dallo sportello della vettura, e poi scomparve. Giacchè quel cantuccio era al riparo dai bighelloni e dai curiosi, e giacchè i preparativi erano stati pochi e semplicissimi, il dottore, il signor Lorry e la signorina Pross rimasero assolutamente soli. Fu quando essi si ritrovarono nell'amichevole ombra del vecchio vestibolo che il signor Lorry notò che un gran mutamento si era manifestato nel dottore: come se il braccio dorato che si vedeva lì ritto gli avesse dato un colpo mortale. Egli naturalmente aveva resistito a una grande agitazione interna, e si sarebbe potuto aspettare una reazione, quando fosse scomparsa la ragione della resistenza. Ma fu il vedergli l'aspetto impaurito del tempo d'una volta che turbò il signor Lorry; e come vide il dottore stringersi sconsolato il capo e correre torvo in camera sua quando furono di sopra, egli pensò a Defarge il bettoliere e al viaggio sotto le stelle. — Credo, — bisbigliò alla signorina Pross, dopo un'affannosa riflessione, — credo che ora sia bene non dirgli nulla e lasciarlo assolutamente tranquillo. Io debbo andare per un momento alla banca: corro subito e torno immediatamente. Poi lo condurremo in campagna in carrozza, pranzeremo all'aperto, e tutto sarà come prima. Per il signor Lorry era più facile andare alla banca che tornarne. Egli vi fu trattenuto due ore. Quando tornò, e andò solo di sopra, senza far domande alla fantesca, fino alle stanze del dottore, fu arrestato da un sordo rumore di colpi. — Buon Dio! — egli esclamò, con un balzo. — Che è? La signorina Pross, con una faccia atterrita, gli era da presso. — Ohimè, ohimè! Tutto è perduto! — esclamò, torcendosi le mani. — Che bisogna dire al Tesoro? Egli non mi riconosce, e s'è rimesso a fare le scarpe! Il signor Lorry cercò di calmarla, ed entrò nella camera del dottore. Il desco era rivolto verso la luce, com'era quando Lorry aveva veduto la prima volta lavorare il calzolaio, e la testa era chinata sul lavoro. — Dottor Manette. Mio caro amico, dottor Manette! Il dottore lo guardò per un momento — con un'occhiata un po' interrogativa, un po' seccata per quell'apostrofe — e si curvò sul lavoro di nuovo. S'era tolto il soprabito e la sottoveste; la camicia era aperta sul collo, come soleva quando si occupava di quel mestiere; e gli era tornata anche la fisionomia squallida e infossata di un tempo. Riprese a lavorare con ardore e impazienza, come col sentimento di riparare alla interruzione. Il signor Lorry diede uno sguardo al lavoro che il dottore aveva in mano, e vide ch'era una scarpa d'antica forma e moda. Ne prese un'altra che giaceva lì accanto, e domandò che cosa fosse. — Una scarpina da signorina, — mormorò il dottore, senza levare gli occhi. — Da tanto tempo avrei dovuto finirla. Lasciatela fare. — Ma, dottor Manette. Guardatemi! Egli obbedì, alla maniera d'una volta sommessa e meccanica, senza cessare di lavorare. — Non mi riconoscete, amico mio? Pensate. Questa non è la vostra occupazione. Pensate, amico caro! Nulla potè indurre il dottore a dire un'altra parola. Egli levava gli occhi ogni volta per un istante, quando era chiamato; ma nessuna sollecitudine riuscì ad estrargli altra parola più. Lavorava, lavorava e lavorava in silenzio, e le parole cadevano su di lui come sarebbero cadute su un muro senza eco o nell'aria. Il solo raggio di speranza che il signor Lorry potè scorgere fu che talvolta il dottore levava gli occhi senza essere chiamato. Allora c'era in lui una lieve espressione di curiosità o d'imbarazzo — come se tentasse di risolvere qualche suo dubbio mentale. A due accorgimenti assai importanti pensò subito il signor Lorry: il primo, che a Lucia la cosa doveva essere tenuta segreta; il secondo che doveva essere tenuta segreta a quanti conoscevano il dottore. Insieme con la signorina Pross, dispose subito per l'ultima precauzione, facendo avvertire che il dottore era indisposto, e aveva bisogno di un po' di giorni di completo riposo. In aiuto del pietoso inganno da usare con la figliuola, la signorina Pross doveva scriverle, ch'egli era stato chiamato lontano per un consulto professionale, riferendosi a una lettera immaginaria di due o tre linee frettolose, di mano del dottore, indirizzata a lei dallo stesso punto. Queste misure, opportune in qualunque caso, furono prese dal signor Lorry con la speranza che l'amico tornasse in sè. Se questa circostanza si fosse avverata subito, egli teneva un altro proposito in riserva; e si trattava di una certa opinione, ch'egli pensava ottima, sul caso particolare del dottore. Nella speranza della sua guarigione, e di poter quindi applicare vantaggiosamente l'idea che gli era lampeggiata, il signor Lorry risolse di vigilare attentamente sull'amico, senza parere, per quanto era possibile, di farlo. Per la prima volta in vita sua dispose perciò le cose in modo da potersi assentare dalla banca Tellson, e si mise di guardia alla finestra, nella stessa camera del dottore. — Non gli ci volle molto per accorgersi ch'era peggio che inutile rivolgere la parola all'amico, giacchè questi, sollecitato, s'irritava. Il signor Lorry abbandonò fin dal primo giorno quel metodo, e deliberò semplicemente di stare e rimanere sempre innanzi a lui, come una tacita protesta contro la illusione nella quale il dottore era caduto o stava cadendo. Continuò, perciò, a stare seduto accanto alla finestra, occupato a leggere e a scrivere, e ad esprimersi con frasi molto soddisfatte e naturali, che quello era un bel posto, da cui si godeva una bella vista. Il dottor Manette quel primo giorno si prese quel che gli fu dato da mangiare e da bere, e continuò a lavorare finchè non fu proprio buio per vederci — e lavorò ancora per un'altra mezz'ora, dopo che il signor Lorry non avrebbe veduto un'acca a leggere e a scrivere. Quando mise da parte gli utensili, come inservibili fino alla mattina, il signor Lorry si levò e gli disse: — Volete uscire? Il dottore guardò il pavimento dall'uno e dall'altro lato, come al modo antico, e rispose nello stesso tono di voce d'una volta: — Uscire? — Sì; a fare una passeggiatina con me. Perchè no? Il dottore non si sforzò di dire perchè no, e non disse un'altra parola. Ma al signor Lorry parve di vederlo, appoggiato al suo deschetto al buio, coi gomiti sulle ginocchia e la testa nelle mani, che si domandava in qualche maniera vaga: «Perchè no?». Il sagace uomo di affari vide un vantaggio in questo, e risolse di approfittarne. La signorina Pross e lui divisero la notte in due vigilie, e lo osservarono a intervalli dalla stanza attigua. Egli passeggiò su e giù per molto tempo, prima di buttarsi sul letto; ma quando infine si buttò sul letto si addormentò. La mattina si levò per tempo, e si mise subito al deschetto a lavorare. Quella mattina, il signor Lorry lo salutò lietamente a nome, e gli parlò d'argomenti familiari, da qualche tempo, a entrambi. Il dottore non rispondeva, ma era evidente che udiva ciò che gli veniva detto, e vi rifletteva, per quanto impacciato. Questo incoraggiò il signor Lorry a far trattenere lì la signorina Pross col suo lavoro parecchie volte durante la giornata: allora essi parlavano tranquillamente di Lucia e del padre assente, precisamente al modo usato, come se tutto fosse in perfetto ordine. Questo veniva fatto senza alcuno apparato, brevemente e non molto spesso per non turbare il dottore; e il cuore affettuoso del signor Lorry potè credere, alleviato, che quegli levasse gli occhi più frequentemente, e che sembrasse animato da qualche percezione, da qualche idea della contraddizione in cui si trovava. Quando di nuovo si fece buio, il signor Lorry gli domandò, come la sera prima: — Caro dottore, volete uscire? Come la sera prima, egli ripetè: — Uscire? — Sì; per una passeggiatina con me. Perchè no? Questa volta il signor Lorry, non ricevendo alcuna risposta, finse di uscire; e dopo essere rimasto assente per un'ora, ritornò. Intanto il dottore era andato alla finestra, e s'era seduto a guardare il platano; ma al ritorno del signor Lorry, si levò e si rifugiò presso il deschetto. Il tempo passava lentamente, e la speranza del signor Lorry s'abbuiava, e il cuore gli si faceva sempre più grave, ogni giorno sempre più grave e più grave. Venne e se ne andò il terzo giorno, il quarto, il quinto. Cinque giorni, sei giorni, sette giorni, otto giorni, nove giorni. Con la speranza che gli si abbuiava sempre più, e col cuore che gli si faceva sempre più pesante, il signor Lorry trascorse quel periodo pieno di ansie. Il segreto era ben mantenuto, e Lucia era ignara e felice; ma egli non poteva non osservare che il calzolaio, la cui mano era stata un po' incerta al principio, stava diventando terribilmente abile, che non era mai stato così intento al lavoro, e che le sue dita non erano mai state così rapide ed esperte, come all'imbrunire della nona sera. |