Erano tempi in cui si beveva, e moltissimi alzavano il gomito. L'effetto del tempo nella modificazione di simili abitudini è stato così grande, che l'indicazione della solita quantità di vino e di ponce che un uomo tracannava allora nel corso d'una serata, senza alcun detrimento alla sua reputazione di persona a modo, sarebbe in questi giorni tacciata di ridicola esagerazione. La dotta professione della legge, nelle sue inclinazioni bacchiche, non rimaneva certo addietro a nessun'altra dotta professione; nè il signor Stryver, che già s'era fatto largo per la conquista d'una grande e lucrosa clientela, rimaneva neppure addietro alla parte più asciutta della famiglia legale. Rinomato nell'Old Bailey e anche alle assise, il signor Stryver aveva cominciato previdentemente a tagliare i gradini inferiori della scala sulla quale saliva. Le assise e l'Old Bailey dovevano ora chiamare specialmente il loro favorito nelle loro amorose braccia; e tutti i giorni si poteva vedere la florida faccia del signor Stryver aprirsi il varco verso la persona del primo presidente della corte di King's Bench, insigne d'un'aiuola di parrucche, come un gran girasole che si leva verso l'astro del giorno da un lussureggiante giardino di abbaglianti compagni. Era stato già notato dai colleghi che mentre era uno spirito pieghevole, senza scrupoli, pronto e ardito, il signor Stryver non aveva il dono d'estrarre l'essenza da una congerie di dati e di fatti, che è fra le qualità più pregiate e necessarie dell'avvocato. Ma in questo poi s'era osservato un notevole miglioramento. Più affari faceva, e più facile gli riusciva d'arrivare al nocciolo e al midollo della questione; e per quanto facesse tardi la notte a sbevazzare con Sydney Carton, la mattina aveva sempre i suoi argomenti sulla punta delle dita. Sydney Carton, il più pigro e il meno promettente degli uomini, era il grande alleato di Stryver. Ciò che i due bevevano insieme, fra la sessione di Sant'Ilario e quella di San Michele, avrebbe potuto tenere a galla la flotta di Sua Maestà. Stryver non aveva mai un processo, a ogni modo, senza avere accanto Carton, che se ne stava con le mani in tasca a fissare il soffitto della sala: essi seguivano le stesse sessioni, e anche allora prolungavano le loro solite orge fin nel cuore della notte, e si diceva che la mattina, all'alba, si vedesse Carton trascinarsi rasente i muri barcollante verso casa, come un gatto malandato. Infine, si cominciò a dire, fra gl'interessati, che se non sarebbe stato mai un leone, Sydney Carton era uno sciacallo straordinariamente abile, e che in quell'umile capacità rendeva dei preziosi servizi a Stryver. — Le dieci, — disse il cameriere dell'osteria, eh era stato incaricato di svegliarlo, — le dieci, signore. — Che c'è? — Le dieci, signore. —. Che dici? Le dieci di sera? — Sì signore; Vostro Onore m'ha raccomandato di svegliarvi. — Ah! ricordo. Benissimo, benissimo. Dopo un po' di vani tentativi per riaddormentarsi, che il cameriere combattè abilmente attizzando il fuoco per cinque minuti di seguito, egli si levò, si buttò il cappello in testa ed uscì. Si diresse al Temple, ed essendosi riscosso col far due volte i marciapiedi del viale di King's Bench e di Paper-buildings, prese la via dell'alloggio di Stryver. Lo scrivano di Stryver, che non assisteva mai a quelle riunioni, se n'era andato a casa, e corse Stryver in persona ad aprire la porta. Aveva su le pantofole, una veste da camera svolazzante e la gola nuda per stare a più agio. Si notava intorno agli occhi quel contrassegno quasi selvaggio e smarrito che si osserva in tutti i buontemponi della sua classe dal ritratto di Jeffries in giù, e che si può rintracciare, in varie maniere artistiche, a traverso i ritratti di tutti i secoli beoni. — Hai fatto un po' tardi, caro, — disse Stryver. — L'ora solita; al massimo, un quarto più tardi. Entrarono in una stanza polverosa attorniata di libri e disseminata di carte, con un fuoco abbagliante nel caminetto. Un calderino fumava sul focolare, e in mezzo alla confusione di tante carte splendeva un tavolino coperto di bottiglie di vino, d'acquavite, di rum, di zucchero e di limoni. — Veggo, Sydney, che la tua bottiglia l'hai bevuta. — Due stasera, credo. Ho desinato col cliente di oggi, o meglio, l'ho visto desinare... è lo stesso. — Una bell'idea, Sydney, quell'adottata per l'identificazione! Come ci sei arrivato? Come t'è venuta in mente? — Ho pensato che l'accusato era un giovane piuttosto bello, e che io sarei stato come lui, se avessi avuto fortuna. Il signor Stryver si mise a ridere tanto da scuotere la sua pancetta precoce: — Tu... fortuna, Sydney. Mettiti a lavorare, mettiti a lavorare! Abbastanza scontroso, lo sciacallo si sciolse il vestito, entrò in una stanza attigua, e ritornò con una grossa brocca d'acqua fredda, un catino e un paio di tovaglie. Dopo aver tuffato le tovaglie nell'acqua e, torcendole, averne in parte spremuto il liquido, se le avvolse intorno al capo, in maniera assai grottesca, si sedette al tavolino, e disse: — Eccomi pronto! — Non molta carne al fuoco stasera, Taccuino, — disse il signor Stryver, allegramente, guardando fra le carte. — Di che si tratta? — Due cose sole. — Dammi prima la più difficile. — Eccola qui, Sydney. Ora avanti! Il leone si sdraiò su un canapè a un lato della tavola piena di bottiglie, mentre lo sciacallo se ne stava innanzi al tavolino, sparso di carte, dall'altro lato, con le bottiglie e i bicchieri sotto mano. Entrambi ricorrevano continuamente alla tavola piena di bottiglie, ma ciascuno in modo diverso: il leone standosene in panciolle, guardando il fuoco, dando di tanto in tanto qualche occhiata a dei documenti di poca importanza; lo sciacallo con le sopracciglia riunite e col viso intento, così assorto nel suo compito, che gli occhi neppure seguivano la mano che si stendeva a prendere il bicchiere — la quale spesso brancolava per qualche minuto prima di arrivare all'oggetto. Due o tre volte, l'argomento dello studio si presentò così intricato, che lo sciacallo stimò assolutamente necessario alzarsi e tuffare di nuovo le tovaglie nell'acqua. Da quei suoi pellegrinaggi alla brocca e al catino tornava con tali stravaganze di acconciature gocciolanti che non è possibile descriverle; ed apparivano più ridicole sopra l'ansiosa gravità del suo viso. Infine lo sciacallo, che aveva messo insieme un pasto ben concentrato per il leone, passò a servirglielo. Il leone lo prese con cura e cautela, scelse quel che c'era da scegliere, e fece le sue osservazioni, assistito sempre dallo sciacallo. Dopo che il pasto fu trangugiato, il leone si mise di nuovo le mani alla cintola, e riprese a meditare Lo sciacallo allora si diede una rinfrescatina alla strozza con un bel bicchiere colmo, una nuova rinfrescatina alla testa con le tovaglie, e si applicò alla preparazione del secondo pasto, che fu somministrato al leone nello stesso modo e non fu consumato, che quando scoccarono le tre dopo la mezzanotte. — E ora che abbiamo finito, Sydney, versati un bicchiere di ponce, — disse il signor Stryver. Lo sciacallo si tolse le tovaglie dal capo, che avevano preso di nuovo a fumare, si scosse, sbadigliò, rabbrividì e obbedì. — Ottimi i tuoi consigli oggi nell'esame dei testimoni d'accusa. Tutte le domande ben calcolate. — I miei consigli son sempre buoni; no? — Non lo metto in dubbio. Perchè hai quel malumore? Versaci sopra un po' di ponce e annegalo. Con un grugnito di scusa, lo sciacallo obbedì di nuovo. — Il vecchio Sydney Carton della vecchia scuola di Shrewbury, — disse Stryver, scotendo il capo mentre si rappresentava il compagno nel presente e nel passato; — il vecchio Sydney dell'altalena. Un momento in su e un momento in giù; ora pieno d'entusiasmo e un istante dopo abbattuto! — Ah! — rispose l'altro, sospirando. — Sì! Lo stesso Sydney, con la stessa fortuna. Anche allora, io facevo i compiti per gli altri, e di rado facevo i miei. — E perchè? — Dio lo sa. Era la mia maniera, immagino. Stava seduto, con le mani in tasca e le gambe allungate innanzi al caminetto. — Carton, — disse l'amico, con un atteggiamento quasi di sfida, come se il caminetto fosse la fornace nella quale si foggiasse lo sforzo che non si abbatte, e la miglior cosa che si potesse fare per il vecchio Sydney Carton fosse di gettarvelo senz'altro, — la tua maniera è, e fu sempre, insufficiente. Tu non ci metti energia e volontà. Guarda me! — Che noia! — rispose Sydney, con una risata piena di buon umore; — non fare il predicatore. — Io come ho fatto ciò che ha fatto? — disse Stryver; — come faccio ciò che faccio? — Un po' col pagarmi perchè ti aiuti, immagino; ma non mette conto di apostrofar me o l'aria, perciò; ciò che tu vuoi fare, fai. Tu eri sempre in prima fila, e io ero sempre in fondo. — In prima fila dovetti arrivarci; son nato forse in prima fila? — Io non ero presente alla cerimonia; ma credo che tu ci sia nato, — disse Carton. E si mise a ridere di nuovo, e risero tutti e due. — Prima di Shrewbury, durante Shrewbury e dopo di Shrewbury, — continuò Carton, — tu hai ritrovato il tuo posto e io ho ritrovato il mio. Anche quando eravamo compagni nel quartiere Latino a Parigi, a impararvi il francese e la legge francese, e altre cosette francesi che non ci fecero gran bene, tu eri sempre qualche cosa e io ero sempre... niente. — E di chi la colpa? — Sull'anima mia, non son sicuro che non fosse tua. Tu non facevi altro che spingerti, cacciarti innanzi, correre e agitarti in modo tale, che io non potevo trovar salvezza che nel riposo e nell'inerzia. È una cosa malinconica, però, parlare del proprio passato col giorno che spunta. Prima che me ne vada, avviami per qualche altra direzione. — Bene allora!... Brinda con me alla bella testimone, —disse Stryver, levando il bicchiere. — Ti senti avviato in una nuova direzione? Forse no, perchè Carton si fece di nuovo triste. — Alla bella testimone, — mormorò, guardando nel bicchiere. — Io ne ho avuti abbastanza di testimoni oggi e stasera; chi è la tua bella testimone? — La figlia di quel dottore pittoresco, la signorina Manette. — La dici bella? — Non è bella? — No. — Ma, pezzo d'animale, se ha formato l'ammirazione di tutta la corte. — Che vada all'inferno tutta la corte! Chi ha fatto l'Old Bailey giudice della bellezza? Una bambola dai capelli d'oro, nient'altro! — Vuoi sapere, Sydney, — disse il signor Stryver, guardando vivamente l'amico, e passandosi lentamente la mano sul florido viso, — io pensavo che la bambola dai capelli d'oro ti fosse molto simpatica, e fossi stato tu stesso molto attento a vedere ciò che accadeva alla bambola dai capelli d'oro. — Pronto a vedere ciò che accadeva! Se una ragazza, bambola o no, ti sviene sotto il naso, si può vederla senza bisogno di cannocchiale. Brindo con te; ma nego la bellezza. E ora non voglio più bere, e me ne vado a letto. Quando l'ospite lo seguì sul pianerottolo con una candela per fargli lume giù per le scale, già la fredda luce dell'alba filtrava per le finestre impolverate. Quando Carton si trovò all'aperto, l'aria era frizzante e malinconica, il cielo rannuvolato, il fiume oscuro e morto, tutta la scena un deserto senza vita. E vortici di polvere si levavano turbinosi innanzi al vento mattutino, come se la sabbia del deserto si fosse spinta assai lontano e le prime ondate avessero cominciato a soffocare la città. |